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SHIPYARD PRIME IMPRESSIONI Nel 2009 Vladimir Suchy, oggi autore piuttosto conosciuto, con oltre trenta titoli nella sua scheda su BGG, aveva alle spalle solo l’uscita del suo gioco d’esordio (League of Six) ed Essen era ancora una fiera molto grande, ma non quel gigante che diventò poi negli anni successivi. In quel contesto usciva Shipyard, gestionale di peso medio – elevato (difficoltà percepita di 3.5/5), dedicato, come avrete intuito, alla costruzioni di navi di buon tonnellaggio.Il gioco fu edito dalla CGE ed ottenne un adeguato riscontro di pubblico, ma fu poi dimenticato dai più, sommerso dalle migliaia di nuove uscite di ogni anno. Ora l’autore, che è anche proprietario della sua personale casa editrice (Delicious Games), ce ne propone una riedizione che, lo dico subito, riprende le medesime regole, che sono state semplicemente ‘ripulite’ e sistemate (We are still satisfied with the game after many years. There are some little things. A solo game is added. We’ve also chosen an introductory build for first time players. We excluded “controversial” contracts from this construction. I know there has been a lot of discussion about orders. But we still think that if you play more games, you can with any order to upload the same number of points. Orders remained. Così scrive l’autore su BGG).   SHIPYARD IN POCO L’idea alla sua base è quella di costruire navi, assemblandone i componenti di base (poppa, prua e parti centrali), gli equipaggiamenti (cannoni, gru, …) ed equipaggi (capitani, …), rappresentati da numerose tessere da unire allo scopo nel proprio ‘lineare’ cantiere e da lanciare poi per le crociere inaugurali, acquisendo punti sulla base delle caratteristiche richieste nel campo di prova (labirinti di canali) che avrete a sua volta assemblato.L’approvvigionamento di tutti i componenti ha luogo sfruttando un meccanismo a rotelle, per cui quando il gioco uscì rappresentò una ideale alternativa al filone lanciato dal buon Mac Gerdts nel 2005 con il suo Antike. COME SI PRESENTA La Delicious Games è un editore piccolo, per cui non attendetevi materiali ultradeluxe, ma lo sforzo compiuto per dare a Shipyard una bella presenza sul tavolo si sente, eccome. Graficamente la differenza, comparando le due versioni, è un poco quella tra un prototipo (ciò che oggi sembra la vecchia edizione del 2009) ed un titolo di oggi, con disegni molto curati ed azzeccati. Nei materiali non si è invece ‘scialato’ esageratamente, rimanendo ferma la logica dell’assemblaggio di tessere, ma ci sono anche alcuni tocchi di classe, come i raccoglitori 3d in cartone che ospitano le tessere da pescare e da assemblare in corso di partita. Le stesse schede giocatore sono grandi e riccamente illustrate, mentre una produzione spartana avrebbe potuto dimezzarne forse l’ingombro. Nell’insieme, dunque, i componenti fanno la loro figura.L’ambientazione è di quelle estetiche, ma le logiche di gioco ricalcano in qualche modo l’idea di fondo dell’assemblaggio di navi. COME GIRA SHIPYARD Il gioco è un 2009 ed è un cinghiale di un’epoca (sembra poco, ma quindici anni di evoluzione si sentono) in cui era da poco uscito Agricola, che con Puerto Rico (del 2002) rappresentavano il parametro di riferimento dei gestionali. Quello che allora sembrava complesso, oggi, reduci da Lacerda e dai sui turni ‘articolati in 11 comodi passaggi’, risulta invece piuttosto lineare, con un peso medio che gli utenti di BGG classificano in un 3.25, ossia giusto un pelino più di un Marco Polo (3.18), titolo di riferimento per i gestionali ‘medi’.Shipyard, quindi, continua a brillare, ma di luce diversa rispetto al passato puntando, per farsi notare, sulla solidità delle proprie logiche di base e sulla linearità della struttura di base delle proprie regole.Nell’insieme, al netto dei particolari, l’idea era e resta quella di doversi applicare per costruire le ‘navi ideali’, con una microgestione dei singoli pezzi da acquisire, all’interno di un ricco (ma non infinito) mercato. Ci troveremo quindi a porre attenzione da una parte nell’assemblare il campo di prova ideale che ci restituisca più punti possibile per premiare le imbarcazioni che stiamo costruendo e dall’altra nel dotare le nostre navi di tutti i vari tipi di accessori (ed equipaggi) che possano restituirci il massimo risultato. SENSAZIONI Il gameplay è piuttosto rapido ed i tempi di attesa (al netto del pensatori seriali) sono abbastanza contenuti, perché ognuno, in genere, sa cosa sta cercando e si indirizza sulle occasioni di volta in volta offerte dal tavolo in quel momento.Di fondo il gioco conserva la sua natura di cinghiale dell’epoca, perché di cose da considerare per massimizzare i punteggi ce ne sono diverse, ma nel contempo si avverte bene la linearità che era tipica della produzione di allora, visto che la strada per fare punti era e resta quella di costruire le navi e non ci sono le numerose fonti di punteggio tipiche della point salad alla Feld (che proprio solo nel 2009 usciva con Macao).Il pregio maggiore di Shipyard risiede oggi nella sua (relativa) linearità, così come è proprio in essa, nella logica dell’altra faccia della medaglia, che può risiedere il suo potenziale punto negativo.Il passare del tempo, insomma, si avverte e dovete capire se siate o meno amanti del ‘vintage’ 🙂 PARAMETRI VARI La scalabilità risulta adeguata, perché l’interazione non è per nulla elevata e l’offerta sul mercato piuttosto ampia. Un pelo di alea si può avvertire in certe fasi di gioco, quando tutti sono alla ricerca di certi componenti. E’ stata inoltre inserita una variante in solitario del gioco, come oggi richiesto dal mercato (personalmente, però, non ne sono fruitore, per cui non vi posso dire nulla su come giri ..). CONCLUSIONI Shipyard è la riedizione (con grafica totalmente rivoluzionata, ma mantenendo il medesimo impianto di regole, solo ripulito) dell’omonimo titolo del 2009 dedicato alla costruzione di navi. Gestionale solido e ben oliato, ruota intorno alla meccanica delle ‘rotelle’ che presiedono alla acquisizione dei componenti delle regine del mare che andrete ad assemblare. Dimostra come le idee valide reggano al passaggio del tempo, anche se qualche ruga qua e là si avverte.

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